La revuelta húngara no fue sofocada por el comunismo
Liberazione del 01/12/2006
La resolución aprobaba por el Parlamento europeo, el 24 de octubre de 2006, referente al cincuenta aniversario de la revolución húngara de 1956 y a su significado histórico para Europa, en el Párrafo 3, « subraya que la comunidad democrática debe rechazar inequívocamente la ideología comunista
represiva y antidemocrática y defender los principios de libertad, democracia, derechos humanos y estado de derecho y tomar una clara posición cada vez que ellos sean violados». Sin embargo, ha sido rechazada una enmienda que condena tudas las iniquidades cometidas en nombre del comunismo, pero en realidad incompatibles con aquel movimiento en cuanto aspiración a la justicia y a la libertad.
Los redactores de este documento se asocian a la condena de cualquier acción represiva dirigida a imponer un orden autoritario de tipo imperialista que ahogue la expresión de necesidades, aspiraciones, concepciones en continuo desarrollo en la sociedad civil. Sabemos que la distorsión estalinista del comunismo ha dato lugar, a vasta escala, a acciones repressivas que han comprometido, en la consciencia de millones y millones de mujeres y de hombres, el valor de una idea: la construcción de un sentido común o comunista a partir del cual edificar nuevas formas de vida asociada y de participación civil. Por esto consideramos que los parlamentarios europeos, que han expresado un juicio sumario sobre el comunismo, si exponen a la sospecha o bien de una formación cultural insuficiente o bien de una larvada aquiescencia oportunista.
Es preocupante carencia cultural ignorar un largo itinerario que es historia porque es pensamiento alto, cuyas raíces se llama (por decir solo algunos nombres) el Platón assertore de un mundo inmaterial y de valores ideales que culminan en el Bien y en la Justicia, el Tomás Moro santificado por la iglesia católica también en razón de su utopía igualitaria, un Karl Marx che invocaba la libertad di cada uno como condición de la libertad de todos, y che anche la opinión común de nuestro tiempo reconoce como un grande maestro de la humanidad, un Antonio Gramsci, cuyo pensamiento puede resumirse en el concepto de la historia como anhelo de libertad, y que es el pensador italiano, después de Dante Alighieri, más estudiado y más traducido en todos los continentes. La civilización europea querrá pues, cortar una de sus raíces históricas? Y aquellos cue, desde sus cátedras, imparten a los jóvenes estudiosos o estudiantes la lección de aquellas obras clásicas deberán dejarlas de lado olvidando aquella otra raíz que es la Ilustración? En la historia del siglo XX, mientras la lucha contra el fascismo (en el cual ideología totalitaria y represión política policial coincidían plenamente y bajo cualquier perfil) ha sido la necesaria premisa para reconquistar la democracia, al contrario el anticomunismo virulento ha abierto camino en todos sitios, in Europa como en las Américas, a la subida del fascismo. A chi giova, dunque, ribattezzare sotto il segno dell’anticomunismo la rivolta ungherese, se la stessa mozione del Parlamento europeo, nel punto F delle premesse, contraddicendosi, rende «omaggio al coraggio umano e politico di Imre Nagy, il primo ministro comunista-riformatore dell’Ungheria» e se quel sommovimento fu attivamente sostenuto dal grande pensatore comunista György Lukács? Se anche la Primavera di Praga fu salutata e guidata dall’altrettanto generoso dirigente comunista Alexander Dubcek? E i tanti comunisti perseguitati o fatti fucilare da Stalin dovremo (in quanto essi sarebbero stati perseguitati e fucilati dall’«ideologia comunista») considerarli anche noi nemici del comunismo, come li giudicava Stalin?
Ma, dicevamo, altri denegatori del comunismo in assoluto potrebbero esporsi al sospetto, direbbe Gramsci, di trasformismo sia pure inconsapevole, se il loro assecondare gli ignari o gli intolleranti fosse dettato da cattiva coscienza o dal bisogno di far perdere le tracce del loro passato: se così fosse, non di quel loro passato converrebbe vergognarsi, ma della loro miseria presente. Il giudizio sulle azioni liberticide come la repressione dell’Ungheria del 1956 non può e non deve essere contestualmente mitigato neppure adducendo altre colpe di altri soggetti e di altri tempi.
Ma, confessiamo, ci consolerebbe il sapere che, in altre circostanze o in altre sedi, autorevoli rappresentanti dei popoli e delle tradizioni europee fossero più propensi a riconoscere i limiti, passati e presenti, delle politiche praticate e predicate dal cosiddetto mondo opulento. Voci maligne potrebbero insinuare che il muro di Berlino ha fatto scuola: sulla linea di frontiera che separa il Messico dal suo più potente vicino di casa o sulla terra palestinese nella quale le tre grandi religioni monoteiste dovrebbero incontrarsi, non scontrarsi. Ma è forse ancor più inquietante il muro ideologico (certamente incompatibile con i classici principi di libertà e con le cristiane massime della carità e dell’accoglienza, anch’esse una radice profonda della civiltà europea), quel muro che eguaglia a una sterminata moltitudine di quasiparia, su scala mondiale e all’interno delle stesse nazioni occidentali, coloro che sono strutturalmente esclusi dal mercato, dal lavoro e persino dal cibo quotidiano.
Etienne Balibar,
philosophe, Université La Sorbonne, Paris
Giorgio Baratta,
Presidente della International Gramsci Society-Italia, Università di Napoli “L’Orientale”
Jacques Bidet,
philosophe, Directeur de la revue “Actuel Marx”, Paris
Derek Boothman, Professore di Traduzione, Università di Bologna
Giuseppe Cacciatore,
Direttore del Dipartimento di Filosofia, Napoli
Carlos Nelson Coutinho,
Profess. Univers. Federal Rio de Janeiro
Patrizio Esposito,
fotografo e artista grafico
Dario Fo, Premio Nobel
per la Letteratura
Rada Ivekovic,
Professeur università, Paris
Guido Liguori, Università di Calabria e dirigente
International Gramsci Society-Italia
Marina Paladini Musitelli,
Professoressa di Letteratura Italiana, Università di Trieste
Alessandro Portelli,
Professore nell’Università di Roma La Sapienza
Giuseppe Prestipino,
Università di Siena, Presidente onorario del Centro per la Filosofia Italiana
Franca Rame, attrice, eletta nel Senato della Repubblica Italiana
Annamaria Rivera, Professore di Etnologia, Università di Bari
Rossana Rossanda, scrittrice e giornalista
Edoardo Sanguineti, poeta, critico, Professore nell’Università di Genova
Silvano Tagliagambe, Professore nell’Università di Sassari
André Tosel, Professeur de Philosophie, Université de Nice
Mario Tronti, Università di Siena, Presidente del Centro per la Riforma dello Stato
Pasquale Voza, Università di Bari, Presidente del Centro Interuniversitario per gli Studi Gramsciani